sabato 10 settembre 2011

10 11 12 settembre SE SEI COSI TI DICO SI

Piero Cicala, negli anni '80, è stato un cantante di successo. La sua hit “Io, te e il mare” ha venduto quasi un milione di copie. Poi il mondo si è dimenticato di lui e il mare della canzone è tornato ad essere quello di Savelletri, il paesino della Puglia da cui Piero era partito e dove è tornato, a fare il cameriere nel ristorante che ha comprato per sua moglie quando gli ha concesso il divorzio. Ora, però, una trasmissione televisiva di prima serata, di quelle che vanno a caccia di meteore e vecchie glorie, gli propone di riprendere in mano il microfono per una sera. Dopo una lunga riflessione, Piero accetta di stare al gioco, s'infila un parrucchino e la vecchia giacca con i bottoni di madreperla e parte alla volta di Roma. Qui, nel grande albergo in cui è ospitato per la notte, viene travolto da Talita Cortès, top model e icona del momento, e dal suo seguito di assistenti e paparazzi. È un caso a farli finire nella stessa camera, ma poi Piero entra davvero nelle simpatie della diva, che vorrebbe portarlo con sé in America, l'indomani stesso. 
Il regista Eugenio Cappuccio e lo scrittore Claudio Piersanti riscrivono, con l'aiuto di Guia Soncini, un'idea originale di Antonio Avati, che tanto originale non è ma è di certo una buona idea. Nasce così la parabola di Cicala, un uomo che ha avuto successo e poi l'ha perso, con la medesima velocità ma ben altre conseguenze, che si è lasciato diventare vecchio e grasso prima del tempo, che soprattutto si è portato dietro un rimpianto, quello di non aver mai veramente detto la sua (leggi: cantato la sua canzone), e per questo tiene prigioniero un polipo in un acquario, in attesa di una liberazione o di una lenta morte per costrizione. Il personaggio interpretato da Belen Rodriguez, al di là della retorica sotterranea per cui i due in fondo in fondo non sarebbero così diversi, funziona da spinta per restituire a Piero la fiducia in se stesso; è –o meglio, dovrebbe essere- quello che fu Mathilda per Léon. Peccato che tutta l'altra metà dello scambio, quella in cui lui insegna a lei che deve essere se stessa, per “salvarla” in tempo dal destino che lo ha sommerso e rischia di toccare in sorte anche a lei, sia sprecata, pasticciata, buttata alle ortiche, affidata ad una telefonata improvvisa a Berlino nella quale la modella s'impone al committente come fotografa di se stessa. In questo modo il titolo, oltre che orrendo, si svuota anche di senso: “se sei così”…come? Non c'è vera qualità, al di là della bellezza. 
Rispetto ai modelli più alti a cui si rifà, da Scrivere una canzone a Notting Hill, il film di Cappuccio sceglie di non seguire la strada della commedia romantica ma di essere sentimentale in un altro senso, più malinconico e consono alla bella penna di Piersanti. Malgrado le due brutte scene in testa e in coda, è un proposito onesto. Rispetto all'idea iniziale del produttore, invece, che vagheggiava toni e personaggi esagerati, quasi a sfiorare il grottesco, sceglie di smorzare, di addolcire, di fare di Piero più una sorta di Scialpi che un vero catorcio e di Talita una finta dura anziché una Paris Hilton, ma la limatura è imperfetta e il film rinuncia a troppo, all'amaro vero, alla vera tenerezza, finendo per alludere soltanto a quel che poteva essere e non è. 
Ottimo Solfrizzi, niente male anche Belen.

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